con PABLO NERUDA
Compagni, seppellitemi in Isla Negra,
di fronte al mare che conosco, ad ogni area rugosa
di pietre e d'onde che i miei occhi perduti
non rivedranno.
Ogni giorno d'oceano
mi porterò nebbia o inviolate rovine di turchese
o semplice estensione, acqua rettilinea, invariabile,
ciò che chiedevo, lo spazio che divorò la mia fronte.
Ogni funebre passo di cormorano, il volo
di grandi uccelli grigi che amavano l'inverno,
e ogni cerchio tenebroso di sargassi
e ogni grave onda che scrolla il suo freddo
ed ancor più la terra che un invisibile erbario
segreto, figlio di brume e di sali, roso
dall'acido vento, minuscole corolle
della costa unite all'infinita arena:
tutte le chiavi umide della terra marina
conoscono ogni grado della mia gioia,
sanno
che lì voglio dormire tra le palpebre
del mare e della terra...
Voglio esser trascinato
giù, nel profondo, con le piogge che il vento
infuriato del mare assalta e stritola,
e poi, per canali sotterranei, proseguire
verso la primavera segreta che rinasce.
Scavate accanto a me la fossa di lei che amo, e un
giorno
lasciate che mi accompagni di nuovo in questa terra.
La poesia di oggi è tratta da " Canto general ", che è la decima raccolta poetica di Pablo Neruda, iniziata a partire dal 1938, ma pubblicata per la prima volta in Messico, nei Talleres Gráficos de la Nación, nel 1950.
Il Canto General consta di quindici sezioni, 231 poesie e più di
quindicimila versi. Opera ambiziosa, vuole essere una
cronaca enciclopedica di tutta l'America Latina. Molti critici l'hanno descritto come un testo di poesia epica, perchè il canto è diretto alla natura e all'intera storia del continente americano.
Secondo Mario Ferrero si tratta di un'opera: "densa e monumentale, quella di maggiore ampiezza
tematica e sintesi americanista che si sia mai realizzata nel
continente".
Da dove veniamo..
Paul Gauguin
DISPOSIZIONI
di fronte al mare che conosco, ad ogni area rugosa
di pietre e d'onde che i miei occhi perduti
non rivedranno.
Ogni giorno d'oceano
mi porterò nebbia o inviolate rovine di turchese
o semplice estensione, acqua rettilinea, invariabile,
ciò che chiedevo, lo spazio che divorò la mia fronte.
Ogni funebre passo di cormorano, il volo
di grandi uccelli grigi che amavano l'inverno,
e ogni cerchio tenebroso di sargassi
e ogni grave onda che scrolla il suo freddo
ed ancor più la terra che un invisibile erbario
segreto, figlio di brume e di sali, roso
dall'acido vento, minuscole corolle
della costa unite all'infinita arena:
tutte le chiavi umide della terra marina
conoscono ogni grado della mia gioia,
sanno
che lì voglio dormire tra le palpebre
del mare e della terra...
Voglio esser trascinato
giù, nel profondo, con le piogge che il vento
infuriato del mare assalta e stritola,
e poi, per canali sotterranei, proseguire
verso la primavera segreta che rinasce.
Scavate accanto a me la fossa di lei che amo, e un
giorno
lasciate che mi accompagni di nuovo in questa terra.
Tratta dal web
Playa di Isla Negra
In questa poesia la morte è sentita come ritorno al ventre materno e, in particolare, a una terra profondamente segnata dall'oceano, Si tratta di una reimmersione nel ciclo perenne di morte e di rinascita, una discesa negli alvei oscuri percorsi da linfe risorgive.
Cara Stefania, è sempre un piacere entrare da te!
RispondiEliminale poesie che scegli sono veramente bellissime.
Tomaso
Questo sentire la morte in modo tanto particolare era una caratteristica propria di Neruda, è uno dei motivi per cui mi piace tanto!
RispondiEliminaUn abbraccio
Anche a me Neruda piace tanto, grazie di questi bei versi.
RispondiEliminaBuona serata.
Antonella
Sono contenta che abbiate apprezzato queste bella poesia di Neruda..un grazie a tutti.
RispondiEliminaCiao Stefania
...ciao Stefyp, con Neruda ci si ritrova sempre perché lui è ovunque..foto dell'isola straordinaria..notte carissima...
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